La manifestazione del 25 febbraio viene indetta da un gruppo di cittadini indipendenti, liberi da ogni bandiera politica e da simboli di partito, riuniti insieme con lo scopo di chiedere una riconversione di Taranto, e non dell’Ilva e delle fabbriche inquinanti, invitando i cittadini alla partecipazione. Aderiscono associazioni, movimenti ambientalisti, attivisti locali e liberi cittadini. C’è anche il famoso, ma ormai frammentato, “movimento dell’Apecar”, il Movimento dei Cittadini Liberi e Pensanti, che per primo fu protagonista delle manifestazioni di piazza per l’ambiente e il lavoro a Taranto.
La mobilitazione viene indetta per dire no al ricatto occupazionale che costringe i cittadini a scegliere tra diritto alla salute e diritto al lavoro, diritti primari dell’essere umano; viene indetta per ribadire il rifiuto dei decreti “salva Ilva” e “salva Riva” del Governo Renzi, che nulla hanno a che vedere con il futuro ed il salvataggio, invece, di Taranto e dei suoi cittadini.
Salvare l’Ilva non significa salvare i posti di lavoro, con i nuovi acquirenti potrebbero esserci molti esuberi, sono stati infatti già avviati alla cassa integrazione migliaia di lavoratori, ed è pure possibile che i nuovi acquirenti possano continuare a ridurre ulteriormente gli occupati per ottimizzare produzione e profitti (non dei tarantini, ovviamente).
L’inchiesta sul cosiddetto “sistema Ilva”, ha dimostrato che la classe politica dirigente tarantina (e non) non ha alcun interesse nella riconversione non solo dell’Ilva, ma dell’intera città di Taranto, ponendola sotto il perenne ricatto salute lavoro, che fino ad ora troppi profitti ha portato ai poteri forti della città.
L’assenza di parole d’ordine forti e connotate, se non “ambiente”, e di una piattaforma ben definita e con confini più rigidi, ha portato a scendere in piazza e ad aderire (per non voler dire strumentalizzare) alla manifestazione del 25 tutte le realtà che si riconoscono nella lotta al grande mostro.
E’ stata l’occasione per i futuri aspiranti candidati alle prossime elezioni comunali tarantine di sfilare e imporsi nel dibattito su lavoro e ambiente. Primi fra tutti, gli esponenti locali e nazionali del Movimento 5 Stelle, che in Italia e in Europa strizzano l’occhio alle destre di Casapound e Farage e a Taranto sfilano con gli antifascisti che si battono per l’accoglienza dei migranti.
In questo difficile e variegato panorama, le uniche realtà che hanno intrapreso un percorso critico e di analisi politica, diversificandosi con contenuti più specifici e radicali, sono stati i movimenti antagonisti, tra cui Le Officine Tarantine e lo Spazio 202 Città Vecchia.
Ultimo spezzone infondo al corteo, ma non ultimo per contenuti e battaglie: riescono ad imporsi con contenuti politici e parole d’ordine chiare e definite, che non risparmiano nessuno, dal sistema Ilva ai preti indagati nell’inchiesta Ambiente Svenduto, e si guadagnano applausi e accoglienza dall’intera piazza all’arrivo del corteo. Antifascismo, lotta alla precarietà, lotta allo sfruttamento dei braccianti e sui posti di lavoro e per la giustizia sociale, lotte per il diritto allo studio e al lavoro, battaglie per spazi culturali sociali e di aggregazione giovanile a Taranto, accoglienza e integrazione dei migranti che arrivano da guerra e miserie, lotta per la riqualificazione ambientale e lavorativa, perché le nuove generazioni tarantine non siano più costrette ad emigrare per un posto di lavoro e un futuro migliore, queste le parole d’ordine urlate con rabbia e più ricorrenti.
Lo spezzone antagonista rivendica la volontà di non farsi rappresentare da nessun partito, di non scendere a compromessi in cambio di posti nelle amministrazioni locali, scegliendo di stare fuori e portare avanti la battaglia, ma con dignità e rabbia.
Sullo striscione dello spezzone, che si intravede dalla testa del corteo, alto e chiaro si legge in rosso e nero: “non delegare a partiti e tribunale, noi vogliamo giustizia sociale”.
Quella giustizia sociale che è il principio delle battaglie di ogni giorno di cittadini liberi che si battono da anni per una Taranto diversa. Di movimenti che non hanno come priorità poltrone e posti in comune, ma la trasformazione di una città distrutta dai poteri forti rimasti ancora impuniti.
Ci piace il concetto di giustizia sociale, più che quello di legalità: sono nella legalità i principali responsabili del disastro tarantino (da quello del dissesto finanziario del comune a quello dell’Ilva); è nella legalità chi continua ad inquinare mare e aria (come l’Eni, l’Ilva e la Martina Militare di Taranto); è legale fare profitti sulla pelle di lavoratori e cittadini in nome del capitale, sempre più nelle mani di pochi e non destinato alla crescita di una città e dei suoi cittadini; è legale far morire di cancro i tarantini ogni giorno, come è legale far morire di botte e torturato Stefano Cucchi in una cella.
Ed anche per questo che una delle parole d’ordine scelta dallo spezzone antagonista è stata antifascismo, anche per questo si è scelto di arrivare in piazza sulle note di Bella Ciao, perché questo è il nuovo fascismo oggi.
E allora, se è così, evidentemente gli illegali siamo noi: noi tarantini che ci battiamo per un modello economico sociale, culturale e politico alternativo, che lottiamo per una Taranto diversa e possibile; noi che cerchiamo di recuperare e far rivivere spazi abbandonati e fatiscenti rendendoli vitali (come le Officine Tarantine o gli spazi in Città Vecchia, appunto); noi che lottiamo perchè le nostre terre non ci vengano espropriate in nome di una innovazione malata che si chiama alta velocità, che attraverserebbe e distruggerebbe paesaggi e montagne ai danni dei suoi abitanti (come il Movimento No Tav); noi che lottiamo contro lo smaltimento di rifiuti tossici e gli affari mafiosi che ci stanno dietro (il movimento contro la terra dei fuochi in Campania); siamo illegali noi tarantini che lottiamo contro le discariche e lo sfruttamento di terra e mare (come la discarica Italcave di Statte o il mistero delle due Isole di San Pietro e San Paolo espropriate ai tarantine e di proprietà della Marina Militare che le utilizza per esercitazioni segrete ai danni dei cittadini); siamo illegali perché lottavamo contro le speculazioni edilizie e gli affari mafiosi che si nascondevano dietro le grandi opere del sistema Expo a Milano.
Bene, se questo si intende per legalità, noi vogliamo la giustizia. Ed è per questa giustizia che eravamo in piazza sabato 25 febbraio a Taranto, per urlare la nostra rabbia contro un sistema che non vogliamo più accettare come nostro.
Un compagno tarantino